Il “mio” JCM800 e la sua storia

di | 12 Gennaio 2016

Correva l’anno 1998 e ricordo che allora utilizzavo, come amplificatore per chitarra, un Fender. Precisamente un Deluxe 112, combo da 65W a due canali con riverbero a molla e  cono da 12″. Tutto ovviamente a transistor.

Fender Deluxe 112

Fender Deluxe 112

Non andava male, un bel “clean” tipicamente Fender e un canale “overdrive”  tutto sommato utilizzabile (per chi fosse interessato ecco lo schema elettrico). Peccato che montasse un cono un po’ economico, che non gli rendeva per niente giustizia.

Il mio sogno però era un Marshall JCM800 modello 2204, ovvero la testata monocanale da 50W, più che sufficienti per l’utilizzo che dovevo farne e, soprattutto, più indicato al genere rock-metal che a quel tempo suonavo maggiormente. Le finanze non erano granchè, quindi l’ipotesi di un acquisto era pura utopia. Decisi quindi di tentare la strada del DIY, anche se avventurarsi in un progetto così complesso sarebbe stato non privo di difficoltà. L’entusiasmo era tale che decisi lo stesso di provare a realizzare l’oggetto di tanto desiderio. Internet era alle “origini”, ma gli schemi elettrici già cominciavano a diffondersi, il che rendeva molto facile ricostruire la parte elettrica. Il problema più grande restava il reperimento del trasformatore di uscita e di alimentazione. Un problema non da poco. Per forza di cose, ma anche per la voglia di realizzare una “mia” versione del JCM, decisi per una versione customizzata di questo, anche perché una copia fedele al 100% non era fattibile. Dopo mesi, tra studio e progettazione, nacque il JCM800 “secondo me”, anche perché un vero nome non gliel’ho mai dato…

Schema elettrico

Il funzionamento di questo ampli è tutto sommato semplice, essendo un monocanale senza riverbero e circuito di “send & return”. La sezione di ingresso, basata su due doppi triodi 12AX7, ricalca quella che è effettivamente  il circuito originale Marshall. Le prime tre sezioni operano la vera preamplificazione, mentre la quarta fa solo da “catode follower”, ovvero abbassa solamente l’impedenza di uscita per meglio adattarla alla sezione seguente, il “tone stack”. Anche questa è tipicamente Marshall a tre controlli di tono ma, rispetto all’originale, sono stati variati due componenti (R16 e C9), portati a 68Kohm e 350pF, rispetto ai valori originali di 33Kohm e 470pF.

Dopo il controllo toni e potenziometro del volume si entra nello stadio finale dell’amplificatore. Un altro doppio triodo 12AX7 opera da “sfasatore” e “driver” per un “Push-Pull” di EL34. Il trasformatore di uscita ha come impedenza primaria circa 4Kohm, con la possibilità di collegamento sia a pentodo che “ultra-lineare”. Soluzione che permette di abbassare la distorsione armonica di questo stadio a scapito di un leggero abbassamento di potenza erogata, il tutto attivabile tramite un semplice deviatore. Questa soluzione di solito è molto utilizzata nel mondo dell’alta fedeltà, mentre nel mondo del “guitar amplifier” è rara, dato che di solito si cerca di far saturare anche lo stadio finale dell’ampli. La polarizzazione di queste è del tipo a BIAS fisso ed in comune con entrambe le valvole, quindi una selezione a “coppia” è preferibile per non sbilanciare troppo le finali.

La sezione di alimentazione si basa su un trasformatore con tre secondari indipendenti. Uno per l’anodica (0-320V 500mA), uno per i filamenti (6,3V 5A) e l’ultimo per il BIAS delle valvole finali (60V 200mA). Le correnti erogabili da ogni secondario sono molto conservative. Per l’anodica si è scelto un semplice filtraggio capacitivo, anche questo sovradimensionato, di 500uF 500V, perché la configurazione “Push-Pull” del finale è meno sensibile a ronzii di alimentazione (il famoso “hum” per capirci), eliminando quindi la necessità dell’induttanza anodica, dal costo non proprio popolare. I filamenti sono accesi in alternata, dato che le valvole sono tutte del tipo ad accensione indiretta.

Per i componenti elettronici si è fatto uso di resistenze a strato metallico Philips con 1% di tolleranza, tutte da 1W di dissipazione. I condensatori non elettrolitici sono in poliestere e mica argentata Digitex (prodotti da ICAR), mentre gli elettrolitici sono ELKO e Siemens, tutti made in Germany. Zoccoli per le valvole in ceramica con contatti argentati. Valvole EL34 Golden Dragon e 12AX7 Philips “MiniWatt” N.O.S. (New Old Stock).

Il suono

Ho un ben ricordo di questo amplificatore, mi ha accompagnato per tanti anni sia in casa che in sala prove. Lo usavo collegato ad una cassa 1×12″ con altoparlante Celestion G12T-75 da 8ohm. Suonava bene con un bel “punch” e aveva dinamica da vendere. Anche il pulito non era niente male, certo non si può paragonare ad un Fender, ma se la cavava egregiamente. Con il gain al massimo e a volume sostenuto era una vera goduria suonarci Guns’n Roses oppure gli AC/DC. La pasta sonora era veramente da JCM800!

Il ritorno del figliol prodigo

Eh si, questo ampli non è più a casa mia da molto tempo. L’ho lasciato in “eredità” ad un caro amico con il quale allora suonavo. Ancora lo usa, anche in situazioni live, e non ha nessuna intenzione di liberarsene. Però, dopo anni di utilizzo i segni del tempo si fanno sentire, soprattutto per i potenziometri. Falsi contatti e scricchiolii vari erano diventati talmente forti da renderlo inutilizzabile, quindi mi è stato chiesto un intervento volto al ripristino di potenziometri. Riaverlo a casa, seppur per poco tempo, mi ha fatto veramente piacere.

Ecco l’interno dell’ampli. Cablaggio in aria su chassis di ferro da 2mm piegato a “U”. I laterali sono in legno di ciliegio.

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L’interno dell’amplificatore

L’intervento effettuato

Nella foto precedente, si possono notare i potenziometri da sostituire. Questi in origine erano dei semplici Phier in plastica di qualità medio bassa. Non ero riuscito a trovare di meglio.

Per la sostituzione ho optato per dei Alpha in contenitore metallico di buona qualità, dove i 24mm di diametro permettono una migliore qualità di contatto tra il supporto in grafite e il cursore strisciante. La sostituzione non è stata per nulla difficile e l’unico intervento meccanico è stato l’adeguamento del foro di alloggiamento del nuovo potenziometro, più grande rispetto al precedente. Tutta l’operazione ha richiesto circa 40 minuti di tempo.

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I potenziometri collegati

Ed ecco l’amplificatore rimesso a nuovo. Dopo 20 anni le valvole sono ancora in buono stato e non c’è stato bisogno neanche di regolare il bias. In origine le manopole erano in legno di ciliegio (visibili ancora nella foto) ma, a causa del diverso diametro dell’alberino, sono state sostituite con altre di tipo “chickenhead” in plastica.

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Purtroppo adesso è tornato nelle mani del padrone, contentissimo di aver ritrovato l’amplificatore ai fasti di un tempo. Ed io? Dispiaciuto per la dipartita. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, dato che mi sta tornando la voglia di costruirne un altro…

Galleria fotografica

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5 pensieri su “Il “mio” JCM800 e la sua storia

  1. Daniele

    Ciao,
    la tua jcm800 “secondo me” è molto interessante, ne ho realizzata una anch’io acquistando un kit su internet ma il suono non mi soddisfa molto…. ho sostituito il trasformatore d’uscita con uno usato smontato da un marshall, ed effettivamente un pò è migliorato ma non troppo…
    Sullo schema che hai pubblicato ho notato delle modifiche particolari, ad esempio l’aggiunta di R44 e C25, qual’è la loro funzione? O visto che hai anche variato il valore di C2 da 680nF (quello usato da marshall) a 1nF, questa variazione cosa comporta?

    Ti faccio i complimenti per il tuo blog, è spaziale!!

    Ciao

    Rispondi
    1. Lello Lombardi Autore articolo

      Ciao Daniele, ti ringrazio! Sono contento che il mio blog ti piaccia 🙂
      Rispondo subito alle tue domande:

      • La resistenza R44 l’ho aggiunta per diminuire “ronzii” sempre in agguato, quando si collegano altri apparecchi elettronici all’amplificatore. Non è strettamente necessaria al funzionamento.
      • Il condensatore C25 l’ho messo per diminuire l’impedenza dei condensatori C18 e C19 posti in serie.
      • L’aumento del condensatore C2 è voluta e ha lo scopo di aumentare un pochino le basse frequenze. Poca roba comunque 😉
      Rispondi
    1. Lello Lombardi Autore articolo

      Ciao Mauro! Eh si, tanto tempo fa ma che bei ricordi!

      Rispondi
      1. carmelo Cucuzza

        Grazie Lello per aver pubblicato lo schema.
        Ho lo stesso problema che tu hai già risolto io no!.

        Rispondi

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